Non conosco fascisti che alzano il braccio. Sono molti di più quelli che alzano il gomito ma questo è un giudizio personale. Lo spettacolo di Acca Larentia (e di molti altri luoghi simbolici del fascismo) rimane, comunque, molto interessante perché spinge a riflettere sui gruppi e sulle loro naturali inclinazioni.
Al di là delle preferenze politiche e delle convinzioni ideologiche di ciascuno, resta l’impressione di qualcosa di strano, di anacronistico eppure del tutto naturale. Una cosa vecchia e risaputa ma che tendiamo a dimenticare. Quello che segue, è utile sottolinearlo, vale anche per il pugno chiuso, nonostante abbia una storia un tantino diversa da quella del saluto fascista (no, i romani non c’entrano nulla). Non stiamo a fare ideologia.
“Commemorare” significa: ricordare qualcuno o qualcosa parlandone in forma solenne, celebrare: c. un personaggio illustre, una data, un avvenimento storico; c. un defunto. La commemorazione necessità della pubblicità. Si commemora in pubblico, in privato si ricorda.
Partecipare a una evento celebrativo richiede, il più delle volte, la condivisione di un apparato rituale. Una gestualità organizzata, una litanìa e un complesso simbolico accompagnano la semplice presenza1. La comunanza e la conoscenza di questi insiemi permettono l’identificazione dei commemoranti e rendono possibile, dunque, la commemorazione stessa.
Quando al concerto della Taylor Swift del momento tutti urlano anche il singolo più anonimo e meno conosciuto, nonostante in realtà non ne ricordiamo i versi parola per parola, simuliamo il canto muovendo le labbra e dissimulando la nostra giustificata ignoranza. Se siamo abbastanza bravi, riusciamo a evitare di essere scoperti e venire tacciati di non appartenere al gruppo dei veri fan della star in questione.
Altro esempio: se vai in curva per assistere al match della tua squadra del cuore e non ne conosci i cori, ti senti fuori posto e fai di tutto per impararli al più presto. Solo allora sarai anche tu un vero tifoso. In questo modo è garantita la pubblicità dell’adesione (individuale e collettiva) al gruppo che pretende di essere chiamato in causa dal rito.
L’individuo nella folla è un granello di sabbia fra altri granelli di sabbia, mossi dalla volontà del vento.2
Per far parte di una folla è necessario abbracciarne la mozione identitaria3. In alcuni casi, i più radicali, viene temporaneamente annullata la propria identità per assumere quella del gruppo desiderato. L’identità di una folla4 è nient’altro che un racconto di sé. Ha una storia che viene tramandata tramite i riti che la coinvolgono e la fanno riemergere.
I revival fascisti sono esemplari di questa tipologia di riti, che rinforzano, quale che sia la loro origine e la loro storia (questo non importa), l’identità di un gruppo. Niente di più, niente di meno. Se non fosse che è l’identità in questione ad apparire politicamente problematica. C’è da dire che riti del genere, quando non siano istituzionalizzati, non sembrano rappresentare un pericolo per la tenuta democratica di una nazione avanzata5.
E chi vi prende parte? Spiace dirlo ma da un punto di vista analitico non è diverso dall’appartenente a qualsiasi altra tipologia folla. Una folla di estrema sinistra e una di estrema destra producono lo stesso livello di cringe.
Chi acriticamente decida di rimettere se stesso nelle mani di un gruppo non è mosso da altro desiderio se non da quello di appartenervi e di acquistare, così, ciò che quel gruppo ha da offrire. Si tratta, anche qui, di domanda e offerta. Se cresce la domanda è perché si avverte la mancanza di un prodotto. Dello stesso prodotto possono esistere centinaia di offerte differenti. Ognuno sceglie quello che crede rappresentarlo di più ed è meglio targetizzato, nella maggior parte dei casi in maniera del tutto indipendente dalla sua qualità. La scelta dice sempre molto più cose su di me di quante non ne dica sul prodotto.
Il prodotto, in questo caso, è di un tipo particolare. Quello che vendono i gruppi estremisti è un certo tipo di bene: un bene-rifugio nel vero senso della parola. Un’età dell’oro ormai passata ma ancora da tornare in cui le condizioni del gruppo erano migliori e più visibile il posto occupato. In cui i ruoli e le fazioni erano ben definiti e non ci si trovava a navigare nell’incertezza e nella paura. In cui il nemico era ben identificato. Un prodotto che nei sogni è sempre rivolto al futuro ma si alimenta delle foschia (e spesso dell’ignoranza) del passato.
Non ha alcun senso stare a sindacare dai nostri pulpiti e scandalizzarci con la faciloneria radical di una qualsiasi segreteria del maggior partito d’opposizione. Non c’è soluzione indignata, se non in qualche altro rifugio futuro e sognato. In alcuni casi basta provare a capire, individualmente. E quello individuale è lo sforzo maggiore che si possa fare in tempi come quelli che viviamo. Poi, emendati dalla mozione identitaria di qualsiasi tipo di folla, e se ne sentiamo la necessità, possiamo provare a dire la nostra. I canali ci stanno.
Di fronte a gruppi del genere attualmente, infatti, l’unica reazione plausibile (non auspicabile) sembra essere quella di Jake ed Elwood, in The Blues Brothers (1980) di John Landis con i fratelli Belushi.
Capo nazista - Uomini bianchi, donne bianche, la svastica attende tutti voi. L’antico simbolo della vostra razza, dall’inizio dei tempi. L’ebreo sta usando il negro come muscolo contro di noi. E per voi non ci sarà nessuno scampo. Allora? Cosa hai intenzione di fare, uomo bianco? Startene con le mani in mano? Rifletti bene. Devi unirti a NOI: i membri del Partito Socialista Americano dei bianchi. Un’organizzazione di uomini dalla pelle bianca, rispettosa della legge esattamente come voi.
Giuro fedeltà ad Adolf Hitler. Il Fuhrer immortale della nostra razza. All’ordine che egli rappresenta. Una sola grande causa, sacra e invincibile.Jake - Ehi, che sta succedendo?
Agente - Quei figli di puttana hanno vinto il processo e fanno una dimostrazione.
Jake - Quali figli di puttana?
Agente - Quegli stronzi del partito nazista.
Elwood - I nazisti dell’Illinois.
Jake - Io li odio i nazisti dell’Illinois.
Esistono casi in cui la presenza parla da sé e rappresenta da sola un complesso simbolico.
G. Le Bon, Psicologia delle folle, TEA 2021, p. 34.
Freud, che non dobbiamo prendere sempre per buono, direbbe che a tenere insieme una massa è la pulsione libidica.
Come tutte le identità.
Sono aperto a riconsiderare la posizione.